"Il re non è morto!". Così Odino Marcon, che fu per decenni accanto a Mario Del Monaco, sente ancora la presenza di questo che fu uno dei più grandi interpreti del teatro lirico del XX secolo.
Non ho avuto il piacere e l'onore di conoscere personalmente il grande artista, ma leggendo questo libro mi sembra di sentir vibrare alta la sua straordinaria voce ed è come se lo conoscessi da sempre. Marcon spalanca una finestra sul misterioso mondo del jet-set, con le sue luci abbaglianti, ma anche con le sue ombre quando cala il sipario e l'artista rimane solo con le sue incomprensioni, amarezze, solitudini. "L'altra faccia della luna" ne svela alcuni aspetti, che hanno coinvolto anche Del Monaco.
Questo grande interprete melodrammatico, che sembrava inavvicinabile, ci è presentato dall'autore nei suoi sentimenti più genuini, fuori dei clamori mondani che hanno accompagnato la sua lusinghiera quarantennale carriera.
Emergono, con il suo straordinario talento artistico, i rapporti con il suo pubblico, la sua umanità profonda che scaturiva da un animo sensibile e forgiato alla scuola della vita, in tempi in cui c'era ancora il gusto della conquista, oltre alla dignità con cui affrontò la malattia.
Marcon, attraverso Del Monaco, ci offre con trasposizione uno spaccato di vita autentica, un ambiente ai più sconosciuto, attraverso il quale si può comprendere meglio le vicissitudini di un mondo apparentemente dorato ma pieno di ostacoli e insidie. Una biografia di tipo diverso quella qui raccolta, una finestra spalancata sul palcoscenico della vita artistica dove oggi ti bacia il successo del pubblico e domani una certa critica può distruggerti per calcoli propri.
Questo libro, che scaturisce dal cuore, racconta non senza una punta di tristezza, la vera anima del grande Maestro lirico trevigiano, ancora troppo poco valorizzato secondo il detto che "nessuno è profeta in patria". Fa emergere ciò che stava "dietro le quinte" di Mario Del Monaco. E' soprattutto una testimonianza diretta di chi ha condiviso a lungo, con il suo principale, la gioia del successo e le sofferenze del tramonto e della solitudine.
Non mancano in queste pagine i dissapori nei confronti di una mondanità capace di costruire, ai nostri giorni, quasi esclusivamente personaggi virtuali lucrando sulla buona fede degli appassionati del bello autentico e sofferto. Si deve perciò essere grati a Marcon per aver riscoperto una ricca pagina di storia della musica affinché queste preziose memorie non cadano nell'oblio, ma servano da monito e da esempio. Queste pagine, che emergono dalla profondità dell'animo, impongono infatti delle riflessioni affinché vincano sempre la virtù e il merito, e il teatro lirico viva di suo e non di artifici.