Un leggero libeccio gonfiava le vele giallognole quella mattina di primavera. Alla partenza dal porto di Palermo, un tiepido sole, fin dalle prime ore accarezzava i volti degli occupanti del barcone, mentre varie specie ornitologiche si gettavano in picchiata a pelo d'acqua in cerca del primo pasto. Se il buon giorno si vede dal mattino, quella sarebbe stata sicuramente una bellissima giornata. I giovani coniugi, Vincenzo Rinaldi e Angela Monteleoni, nati fra nel 1850-60, erano commercianti di pelli e soliti battere le rotte, con il loro pregiato carico, in cambio di un discreto guadagno. Praticamente la loro casa era la barca. Conoscevano bene il mare e sapevano leggere le stelle, ma quel giorno, diretti verso Cagliari, il tempo cambiò repentinamente, il mare s'ingrossò ed alti turbinosi cavalloni cominciarono a mettere a dura prova la resistenza del mezzo che rischiava di affondare. Sembrava che maestrale, scirocco e tramontana formassero un tutt'uno per complicare la vita ai due malcapitati. La lontananza dalla costa non dava modo di sperare in soccorsi, mentre la barca rollava paurosamente. Se la videro talmente brutta che, per la paura che rasentava la disperazione, si misero ad invocare a gran voce la Madonna di Bonaria, promettendo di stabilirsi per sempre in Sardegna se l'avessero scampata. La Vergine dei cagliaritani, venerata fin dalla seconda metà del '400, udite le loro grida, li accompagnò al porto, e loro mantennero il voto. Non lasciarono più quel suolo ospitale. Spossati, fradici ma salvi, baciarono la sabbia su cui avevano posato finalmente i piedi e dove, ben prima di loro, erano approdati, da conquistatori, fenici, cartaginesi, romani, spagnoli, pisani, e tanti altri. Per dirla con le parole di Grazia Deledda, "in quel paesaggio incantato (i nostri due pionieri) sentivano il sole farsi via via più caldo e dorato, scorgendo sullo sfondo marmoreo delle colline i mandorli coperti di fiori rosei". La loro epopea viene ancora tramandata dai discendenti. Vincenzo e Angela si sistemarono ad Iglesias dove, nel 1887, nacque Maria, la figlia che portava il nome di Colei cui dovevano la salvezza. Maria Rinaldi andò sposa ad Efisio Tola, uno scalpellino classe 1881: un vero artista del legno e della pietra, da cui ricavava ammirevoli simulacri. Portava un cognome tuttora molto diffuso nel sud della Sardegna e il nome del santo patrono di Cagliari. Da Efisio e Maria arrivarono sette figli, 3 maschi e 4 femmine: Paolo, Marco, Piero, Anita, Assunta, Palmira e Ina. Tutti formarono una loro famiglia nel Campidano cagliaritano. Pietro Tola (1915), durante la Seconda Guerra Mondiale era motorista nell'Aeronautica Militare, in servizio a Cagliari-Elmas e Decimomannu. Durante una delle prime incursioni verso Malta, l'aereo su cui volava con quattro commilitoni fu colpito dagli inglesi ed egli rimase gravemente ferito. Sopravvissuto, trovò lavoro come impiegato all'aeroporto di Treviso. Fu qui che conobbe la sua futura sposa, Giovanna Basso da Sant'Antonino. I due ebbero tre figli: Gemma (1950), il nostro Dario (1952) e Paola (1955). Gemma, a soli 28 anni, perse il marito, pilota della pattuglia acrobatica "Frecce Tricolori". Era il 12 luglio 1978 quando, in volo di addestramento, toccò con il suo G91 quello di un compagno e precipitò. Papà Piero si trovava bene nella Marca Gioiosa, ma innato era il richiamo della sua amata isola: quella "tavolozza azzurra poggiata sul mare". Avrebbe voluto ritornarvi da pensionato, a gustare il sapore della natura, fra coste granitiche erose dal vento, a riassaporare il grande patrimonio artistico ed archeologico che la Sardegna offre. Ma vi rinunciò per amore della sua Giovanna.