Aureto


Aureto è un cognome assai raro giacché appartiene ad un’unica famiglia diramata in soli due comuni italiani: Zero Branco (Treviso) e il confinante Scorzè (Venezia). Pur trattandosi di un nome di famiglia inventato per attribuirlo ad un figlio di ignoti, va a braccetto con Auriti, specifico della provincia abruzzese di Chieti, diffuso complessivamente in sedici comuni italiani. [...] Auriti sembra derivare da aurito, termine dialettale del Centro Italia che significa vaso con anse a forma di orecchie. Aurito potrebbe essere stato il nome di un produttore di questo tipo di anfora. A Mirandolo Terme (Pavia) famoso è il Santuario di Santa Maria del Monte Aureto, e la devozione alla Madonna di questo luogo sacro potrebbe non essere estranea all’attribuzione del cognome a Giuseppe Urbano, nato a Treviso l’8 Luglio 1906 da genitori ignoti e dato in affido ai coniugi Angelo Barbiero e Domenica Cazzaro di Sant’Alberto di Zero Branco. L’atto di nascita di Giuseppe, registrato con il numero 574, così recita: “L’anno millenovecentosei, addì 12 di Luglio, alle ore dieci antimeridiane e minuti trenta, nella Casa comunale, avanti di me co. Onorio Loredan Segretario delegato, ufficiale dello Stato Civile del Comune di Treviso è comparso Tolento Giovanni fu Antonio, di anni cinquantasei, domiciliato in Treviso, il quale ha dichiarato che alle ore due pomeridiane del dì otto del corrente mese, nella casa posta in Piazza Ospitale, dalla Ricoverata Segreta numero centoquarantadue dell’anno corrente è nato un bambino di sesso mascolino che non mi presenta, e a cui dà i nomi di Giuseppe Urbano ed il cognome di Aureto...”. [...] I bimbi illegittimi o orfani che venivano portati all’Ospedale degli Esposti erano affidati a famiglie accreditate per il loro svezzamento, in cambio di un compenso. Molti sono i casi emersi negli archivi parrocchiali, ed è ciò che si rileva anche da un documento civile del tempo: “22 Luglio 1806. Elisabetta moglie di Liberal Severin della Villa di Castignole à tolto a latar Angela Maria per cuneta di età di mesi uno e giorni ventiquattro”. La stessa ripeté il gesto nel 1807, quando accettò di allattare “Giovanna dell’età di giorni quindici”, così come fece anche Lucia moglie di Francesco Visintin sempre della Villa di Castignole che, nell’agosto dello stesso anno, prese “a latar Pietro Nereo per cuneta, dell’età di giorni sessantuno”. [...] Prima di essere affidato ai Barbiero, il piccolo Giuseppe era stato allattato e tenuto a balia da donne di altre famiglie. La prima di queste fu Marghertia De Marchi, moglie di Giovanni Maria Colesso di San Cassiano di Quinto (Treviso), che lo tenne per quasi undici mesi, dal 12 Dicembre 1906, salvo una breve parentesi per malattia. Fu poi affidato ad una seconda balia, tale Elena Maccazzi, moglie di Ferdinando Grespan di S. Alberto di Zero Branco e il 1° Giugno 1909 ritornò da Margherita De Marchi che lo tenne quasi due anni, per passare, il 18 Maggio 1911, definitivamente in casa dei Barbiero.
[...] Nel periodo della Grande Guerra, nei campi vicino alla loro casa, in contrada della Bertoneria, era stato piantato un ospedale da campo, e c’era un continuo andirivieni di autocarri militari che scaricavano i feriti provenienti dal fronte del Montello e del Piave. Giuseppe aveva circa dieci anni e sognava qualche evasione, lui, sempre costretto a tenere una certa disciplina e a stare sempre segregato in casa, giacché se gli fosse accaduto qualcosa, ne sarebbero stati responsabili i Barbiero che avrebbero dovuto rispondere di fronte alla Legge. Fatto è che, colto da un’irresistibile voglia di farsi un giro su quei camion, all’insaputa degli autisti saltò sul cassone posteriore e ben presto si trovò al fronte. Dopo un iniziale stupore, i soldati se lo tennero appresso come mascotte e facevano a gara per dargli qualcosa da mangiare e pure qualche dolcetto. Vi rimase una quindicina di giorni e nel frattempo portava le bottiglie di grappa ai soldati che stavano in trincea, a volte strisciando tra i cadaveri accatastati per evitare i cecchini. [...] (la storia della famiglia Aureto è pubblicata nel 4° volume “Famiglie d’altri tempi”)

 

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