Baggio ("Bruni)


[...] I Baggio di Vedelago sono soprannominati Bruni... Un nomignolo che sarà presto svelato in una prossima pubblicazione. Questa famiglia proveniva da Salvatronda di Castelfranco Veneto, lo rivela l’atto di matrimonio uscito dall’archivio parrocchiale di Vedelago, relativo a Bernardo (1840), figlio di Santo e di Catterina Lago. [...] Da Vedelago, Federico Sante Baggio (“Bruni”, 1881-1961), sua moglie Regina Simeoni (1890-1981) e i sette figli, nel 1931 si trasferirono a Paese in Via San Luca dopo aver acquistato una casa colonica con sedici campi di terra e lì, con la collaborazione di tutti, la famiglia cominciò a prosperare. In quella campagna, ogni tanto riaffioravano ancora i resti di quelle che erano state postazioni contraeree arretrate della Grande Guerra: filo spinato e manufatti cementizi che affondavano come tane di talpe. Terra e casa furono acquistate da Federico in società con il fratello Sante il quale, emigrato in Canada, volle investire in questo modo parte dei suoi risparmi. Sante era sposato con Olimpia Saretta; in Canada prolifica tuttora la loro discendenza. Sorella di Sante e di Federico erano: Anita che si coniugò con Riccardo Basso; Angela che sposò un Innocente; Vittoria coniugata in Rossini, Genoveffa in Caverzan e “Nella” in Campagnolo. Tutti emigrarono in Canada ad eccezione di Anita che andò ad abitare a Fossalunga, frazione di Vedelago.

[...] Nel 1901 Federico Baggio era emigrato in Canada, portandosi in Nova Scotia (New Waterford) a lavorare in una miniera di carbone. Era una vita dura per un ventenne, ma di coraggio ne aveva da vendere e poté guadagnare i primi soldini, che saranno determinanti per farsi una famiglia e darle un buon inizio. Al ritorno consigliò fratelli e sorelle di cogliere le opportunità da lui sperimentate emigrando in Canada, e quelli raccolsero l’invito, così ora le loro discendenze sono ben stabilizzate in quella Nazione. Egli, invece, ritornò in Vedelago per sposarsi con Regina Simeoni decidendo quindi di rimanere vicino agli anziani genitori mentre la sua famiglia andava progressivamente aumentando. E fu così che, nata Maria, l’ultima dei suoi eredi, l’anno seguente, 1931 - IX del Regime Fascista -, Federico decise di acquistare una campagna con annesso cascinale a Paese, trasferendovisi con tutta la famiglia. I due coniugi, lasciarono Vedelago e si insediarono nella nuova località finalmente autonomi. Intanto il primogenito Giuseppe frequentava a Castelfranco Veneto l’Istituto Veneto per il Lavoro, corso di perfezionamento tecnico per conducenti di trattrici, prima di partire per il servizio militare nei Bersaglieri. Attilio invece, che aveva diciotto anni, così come il tredicenne Alberto, aiutavano il padre, lavorando la terra e dedicandosi alla stalla. Ognuno aveva le sue mansioni e la famiglia prosperava con l’apporto di tutti. [...] Esattamente due anni dopo l’arrivo del primo figlio, il giorno dei defunti, mentre Maria Baldin era incinta del secondo, accadde un fatto drammatico, che avrebbe potuto avere conseguenze assai tragiche: nella casa dei “Bruni”, mentre tutti dormivano, divampò un violento incendio. Erano le due di notte e il plenilunio si espandeva sull’abitato e sulla brumosa campagna circostante. Anziani e adulti dormivano profondamente dopo una giornata di estenuante lavoro, mentre i più giovani cavalcavano il mondo dei sogni. A sentire per prima odore di fumo fu Maria, moglie di Alberto.

 La loro camera da letto era l’unica al piano superiore e come è risaputo, il fumo con il calore tende a salire. Visibilmente allarmato, Alberto si precipitò giù per le scale che già s’impregnavano di fumo scorgendo le fiamme e diede la sveglia al resto della famiglia. Data la velocità con cui il fuoco si propagava, riuscì a stento a ritornare in camera dove la moglie e il piccolo Lino di due anni si trovavano senza vie di uscita. Maria, alla finestra, gridava aiuto con tutto il fiato che aveva, cercando di svegliare le famiglie vicine. Intanto il fuoco si propagava alla stalla e il bestiame muggiva terrificato cercando di spaccare le catene per sotttrarsi all’orribile morte. [...] In Manitoba si lavorava per aprire nuove strade ferrate nell’impenetrabile foresta vivendo all’interno di vagoni appositamente attrezzati. Con Alberto c’erano altri di Paese, compreso Angelo Berti, che ogni sera, dopo la cena, all’interno del vagone che ospitava i lavoratori intonava il santo rosario. Era una consuetudine presa da suo padre Giovanni che faceva altrettanto in famiglia. Onorato il debito, Alberto Baggio andò a stabilirsi a Windsor, vicino al fratello Attilio che già era sistemato colà con la famiglia e altri parenti. [...] (la lunga storia della famiglia Baggio si trova nel 4° volume “Famiglie d’altri tempi”)

 

 

 

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