LA FAMIGLIA BORSATO (“Gotta”)
[...] Dei Borsato di Paese si è già parlato nel primo volume di questa serie, ma quella di cui
si narra in queste pagine è una famiglia di Postioma soprannominata “Gotta”, nomignolo che
in famiglia viene attribuito ad un antenato morto a causa della gotta. Più realisticamente fu
originato da una relazione con qualcuno - o qualcuna - che portava il cognome Gotta o
Gotti, tipici nomi di famiglia dell’Italia Nord-Occidentale, ma se ne trovano anche nel Veneto,
ad esempio in Treviso. La prima testimonianza del soprannome Gotta risale agli inizi
dell’Ottocento e fu attribuito a Francesco Giovanni Borsato figlio di Angelo detto Gotta e di
Domenica Bastiani, nato a Postioma il 26 gennaio 1819. [...]
I Borsato “Gotta” di Postioma, risiedono da epoca remota nel borgo detto Castello Ronchi, in
Via Fratelli Marchetto, facilmente raggiungibile lasciando quella che un tempo era chiamata
Cal Trevisana che attraversava tutto il villaggio di Postioma da est ad ovest, ora regionale
Feltrina. Loro vicine di casa erano le famiglie Marchetto, Zulian (“Rossetto”), Mattiazzi
(“Bepa”) con varie covate, De Longhi, Volpato, Minotto (“Trinchi”), Gasparini (“Braunetto”).
Nella zona un tempo sorgeva un fabbricato, o una serie di fabbricati, a forma rettangolare,
difensiva, poi diventati un borgo. Tutt’intorno, nel XVII secolo c’erano le terre cosiddette
della “Plebenda”, ossia del beneficio ecclesiastico, ma anche degli Amadio e degli Zanatta,
due delle più antiche famiglie di Postioma. E proprio la terra della parrocchia lavoravano i
Borsato fino al secolo scorso, prima di acquisirla in proprietà.
Nel Settecento, in Postioma avevano la villa di campagna i nobili Emo di Venezia, come
emerge dall’atto di morte che segue: “Adì 16 Ottobre 1791. In questa mattina alle ore 10 c. a
passò da questa all’altra vita il fù N.H.S. Alvise Emo in età d’anni 73 di soffocazione.
Chiamò la servitù in sua assistenza, fui chiamato anch’io, e sebbene mezzo spoglio non
sono accorso in tempo, perché giunto al palazzo era già trapassato. La Dom. ca dopo pranzo
è stato trasportato a Venezia colla scorta di un fante dell’Ecc. mo Magistrato della Sanità, e di
mia persona. Sono stato sufficientemente riconosciuto dall’Ecc. ma Marina Pasqualigo zia del
defunto”.
[...] Fratelli di Antonio erano Giacomo, Giovanni che sposò Domenica Castaldo, e Luigi
(1812) che il 30 Novembre 1837 sposò in Postioma Elisabetta Nasato (“Moretto”), figlia di
Enrico e di Agata Visentin (1919) di Paese.
[...] Luigi ed Elisabetta Nasato generarono Pietro (1858), che sposò Maria Teresa Muffato
da Merlengo di Ponzano. Era il più giovane degli undici nati, uno dei tre sopravvissuti agli
stenti caratteristici di quei tempi in cui regnavano nel Lombardo Veneto gli austro-ungarici,
ma non era andata meglio neanche prima, quando a governavano i francesi.
Nelle cucine delle case - si trattava per lo più di catapecchie umide e malsane -, si
cuocevano cibi scarsi e poveri di proteine e di vitamine con conseguente indebolimento
delle difese immunitarie. A ciò si deve aggiungere il diffuso analfabetismo. Mentre il resto
d’Europa si scolarizzava e si industrializzava, a metà del secolo nel Veneto tre quarti della
popolazione era ancora analfabeta, per lo più dedita al bracciantato a servizio dei pochi
signorotti o della Curia locale, ossia dei i ricchi che si prendevano il meglio dei raccolti e non
si facevano mancare proprio nulla a scapito dei malnutriti lavoratori. Gli spazi abitativi di
questi erano divisi con gli animali, che soprattutto di notte venivano ricoverati negli stessi
ambienti in cui vivevano le persone. Nel 1880 la produzione industriale registrava il 30% in
Gran Bretagna, il 23% negli USA, il 18% in Germania, il 15% in Francia, il 3,9% in Belgio.
L’Italia era il fanalino di coda, con il 2,4%, e fu in quel periodo che iniziò un esodo di massa
verso altre nazioni europee e altri continenti.
[...] Fu questa la generazione apparsa a cavallo dei due conflitti che provò tante paure
durante la seconda guerra mondiale e nuove privazioni, tuttavia tutti ebbero la fortuna di
uscire indenni, pur se le condizioni di vita, cessato il pericolo, si presentavano molto critiche
per la grave recessione. In giro c’erano tanti invalidi, rovinati dalle bombe e dagli assalti, e
buon per loro che non erano rimasti sepolti per sempre nelle impervie zone di battaglia.
Tante famiglie avevano avuto dei lutti, i Borsato no, furono fortunati e poterono cavarsela
stando uniti, in buona armonia.
Le donne, fin da giovanissime, andarono a fare le colf. Maria, a sedici anni andò a Udine
dalle Suore Francescane della Congregazione del Sacro Cuore come collaboratrice di
servizio, poi in un loro istituto agli Alberoni (Lido di Venezia), fino al 1950 quando giunse il
momento di sposarsi. Pure Salute fece la collaboratrice domestica in varie famiglie locali e
della vicina Città, e quindi la bambinaia presso la famiglia del capostazione di Postioma la
cui moglie era la maestra Mazzocco, tuttora ben presente nella grata memoria dei suoi
alunni di allora.
Alcuni fratelli, come si è visto, con grande dolore dei genitori, scelsero di lasciare il proprio
paese per andare in giro per il mondo a cercare fortuna. Fu una scelta obbligata quella di
fuggire dalla miseria, ma anche una buona intuizione. Prima di partire diedero un bacio a
tutti, dai più grandi ai più piccoli, poi ai genitori. L’ultimo bacio in assoluto fu per Stella, la
loro madre che, con le lacrime agli occhi e la voce incrinata, raccomandò loro di conservare
la fede nel Buon Dio, di scrivere spesso e di ritornare ogni tanto a farle visita.
Accompagnandoli alla stazione, in cuor suo malediva il treno che li sottraeva alla sua vista,
non al suo affetto che anzi aumentava. (continua)
(La lunga e travagliata vicenda di questa famiglia si trova nel IV volume “Famiglie d’altri tempi”, che può essere
richiesto all’autore)