LA FAMIGLIA D’AMBROSI (“Biscaréti”)
Per affrontare questo ramo dei D’Ambrosi occorre risalire al capostipite Giacomo “da
Pelizzan de la Val del Sol”, la cui storia si rimanda ed è comune ai D’Ambrosi “Caldreri”.
Giacomo (1710-62) e Domenica ebbero Antonio marito di Giustina De Rossi, i quali misero
al mondo Giobatta, marito di Margherita De Marchi e tra i loro figli c’era Romano (1820-95)
il quale, sposandosi con Giovanna Biscaro (1823) diede origine alla corposa e lunga
discendenza dei “Biscaréti” descritta in queste pagine: “Adì 30 Novembre 1843. Romano
D’Ambrosi detto Caldrer di Gio.Batta e De Marchi Margherita nato in questa Parrocchia
adì 17 Agosto 1820 e qui sempre domiciliato, eccettuati i 4 anni del suo domicilio a
Castagnole in qualità di servo, fu oggi unito in matrimonio da me Don Sante Bonato
Arciprete con Biscaro Giovanna di Giovanni e della decessa Priamo Maria, nata adì 13
Aprile 1823 e sempre domiciliata in questa Parrocchia…”. Dai “Caldreri” nacquero quindi i
“Biscareti”.
Romano e Giovanna Biscaro ebbero sette figli, di cui quattro di sesso maschile, ma
soltanto uno di questi sopravvisse dando continuità alla loro discendenza: Antonio
Giovanni Maria (1850), il quale prese in sposa Luigia Breda (1852) di Francesco e
Carniato Maddalena, pronunciando il suo sì il 25 Novembre 1872 davanti all’arciprete di
Paese Don Antonio Galanti. La famiglia, di tipo rurale, andò ad abitare in quella che è ora
la Via Roma di Paese, in una casa di fonte all’imbocco di Via Venezia, la stessa che fu in
seguito abitata dai Doriguzzi.
Antonio era venuto al mondo dopo il tentativo di Venezia – nel 1848-49 – di rinascere
come Repubblica ribellandosi all’oppressione austriaca, ma la città aveva dovuto
arrendersi nonostante il sacrificio di centinaia di suoi concittadini che opposero per cinque
mesi una strenua resistenza. Firmata la resa, Daniele Manin, Guglielmo Pepe e Niccolò
Tommaseo partirono per l’esilio. Dopo l’insurrezione gli Austriaci ripresero il possesso
della città e Radetzky, fatto il suo ingresso in un mortale silenzio, assistette ad una
solenne Messa di ringraziamento celebrata nella basilica di San Marco dal Patriarca.
Qualcuno ha commentato: “Fra migliaia di morti di colera e migliaia di morti sotto le
cannonate, con chiese e palazzi distrutti, forse sarebbe stato più opportuno celebrare per
Venezia e per i Veneziani un De Profundis, o un Requiem”. Struggente la poesia di
Arnaldo Fusinato in «L’ultima ora di Venezia»: “…Il morbo infuria / il pan ci manca, / sul
ponte sventola / bandiera banca!”.
Brucia ancora oggi quell’umiliazione austriaca, ma a sfiancare i resistenti, come si è visto,
contribuirono la fame e le malattie. Una nuova epidemia di colera si ebbe di lì a pochi anni,
nel 1855, quando anche Paese ne fu interessato.
Dieci ne misero al mondo di figli Antonio e Luigia, tra il 1875 e il 1894 – un periodo
veramente tragico soprattutto per le famiglie rurali – di cui sette di sesso maschile e di
questi sei presero moglie formando una propria famiglia: Giobatta Martino (1880) detto
Battista Bóte, che era il terzogenito, dopo essere stato tre anni a servizio a Venezia, giurò
fedeltà a Pasqua Feltrin (1879) davanti a Don Leone Pinarello diventando padre di quattro
eredi, tra in quali Bartolomeo Luigi (1907) detto Bortolo Bóte; c’era poi Paolo Giacomo
(1885) marito di Antonia Rosa Casarin (1896), e il nucleo di Geremia (1892) e Maria
Marconato (1891), genitori di Eliseo Augusto (1926) e di Giuseppe (1923); un altro ceppo
dei D’Ambrosi “Biscareti” vedeva a capo Pio (1894) con la moglie Luigia Spinacelli (1897),
genitori di otto figli tra i quali Augusto Antonio (1926), marito di Rosa Busato, che diede
origine ai cosiddetti Gustavi, che la vulgata tramutò in Gustari.
Il primogenito era Giovanni Battista (1873-1958) che si unì ad Aurora Fioroni (1874-1947),
autori del ceppo più grosso dei D’Ambrosi “Biscarèti” il cui nomignolo è ancora saldamente
usato: “25 Novembre 1897. D’Ambrosi Giovanni di Antonio e di Luigia Breda, nato qui il 30
ottobre 1873 e qui sempre domiciliato meno anni tre nei quali fu servo a Quinto ed anni
due nei quali fu militare… s’accompagnò in S. Matrimonio con Fioroni Aurora degli Esposti
di Treviso, nata il 29 Aprile 1875 e da bambina qui domiciliata presso la famiglia di Isidoro
Zoppi”. È questo l’atto di matrimonio stilato da mons. Giuseppe Foffano, arciprete di
Paese. Aurora era dunque una figlia del Pio Luogo di Treviso, illegittima o orfana, ciò non
toglie che possa essere stata riconosciuta dalla madre ed averne ricevuto il cognome, ma
è solo un’ipotesi. Fioroni è tuttora un cognome molto raro nel Veneto e in provincia di
Treviso è presente soltanto a Mogliano. Comunque sia è chiaro che visse a Paese in casa
degli Zoppi, ai quali fu data in affido dal Pio Istituto.
Le sorelle di Giovanni erano: Margherita (1875); Genoveffa (1878); Giovanna Oliva (1888).
Questa, il 19 Febbraio 1912, sposò Giovanni Franchin (1867), vedovo, da S. Antonino. Un
altro fratello era Giuseppe (1883), di cui si sono perse le tracce, forse emigrato.
[...] Quella dei Biscareti era una famiglia fittavola di un tale Zanellato, possidente di
Lancenigo, che lavorava sei campi e mezzo di terra, più due propri, sul sito dell’attuale
dismessa cava Biasuzzi a Treforni. Il rapporto con questo signorotto, iniziato nel 1934
quando lasciarono l’abitazione di Via Roma per portarsi al numero 6 di Via Treforni, si
protrasse fino alla cessione della terra al cavatore. E fu allora, negli Anni Cinquanta del
secolo scorso, che i Biscareti ottennero come buonuscita la casa colonica dove abitavano,
con un appezzamento in Via Piave. In seguito acquistarono due campi di terra confinanti
per costruire una nuova abitazione, mentre nelle spartizioni quella vecchia toccò a Don
Olivo che la cedette a Giovanni Nasato, figlio di Guglielmo...
La storia completa di questa famiglia si trova nel IV volume “Famiglie d’altri tempi”, richiedibile all’autore
(Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).