Vettorel (Memorie di Pietro Callegari)

Voglio qui raccontare alcuni episodi tratti dai ricordi più salienti della mia esistenza. 

Mi chiamo Pietro Callegari, sono figlio di Antonio Erminio e di Irene Santolin. Sono nato a Castagnole nel mese di marzo del 1921. Due anni dopo la mia venuta al mondo siamo andati ad abitare a Fossalta Maggiore dove mio padre aveva acquistato una campagna di quattordici campi di terra, con i risparmi del lavoro di emigrante in Canada, a Vancouver, dove faceva lo scaricatore di porto. La nostra campagna era proprio bella, con le sue siepi e i fossati, limitata dal canale Bidoia.

A sette anni, mia mamma mi faceva alzare presto per andare nei campi ad aiutare a raddrizzare le piante di granoturco che restavano sepolte nella terra smossa dalla solchéta con la quale si dava terra di rincalzo. Il lavoro si svolgeva generalmente dalle prime luci dell’alba alle ore sei e trenta, poi dovevo ritornare di corsa a casa, lavarmi i piedi, prendere la “sachéta” (borsa scolastica) e andare prima al catechismo, poi a scuola. Al ritorno mi mettevo a fare i compiti e poi ritornare ad aiutare nei campi, a rastrellare il fieno, a tagliare il grano o a fare altri lavori. Nel periodo dei “cavalieri” (bachicoltura), davo una mano nella raccolta delle rame di gelso le cui foglie servivano per il nutrimento dei bachi da seta. Questo lavoro era detto “peàr foja”

C’era tutta una sequenza di lavori manuali da svolgere in casa, anche gravosi, come buttare su il fieno nel fienile o gettarlo giù nella stalla attraverso il benòto per impastoiare le bestie. […] 

Dopo diciotto mesi, lo zio Neno non aveva più bisogno di me perché le figlie erano cresciute e potevano aiutare in casa, allora mi sono trasferito dai nonni Santolin e dopo pochi mesi che ero con loro è morta la mamma: era il 6 Giugno 1934. Mi diedero la notizia mentre mi trovavo nel campo a rastrellare l’erba “spagna”. Avevo compiuto tredici anni e da due ero fuori casa. […] Due mesi prima del quattordicesimo compleanno mio padre venne a dirmi che era meglio che tornassi a casa perché a quattordici anni potevo trovarmi un lavoro. “Perché, finora cosa ho fatto?” gli ribattei. Lui mi guardò stupito e capì. Mi spiegò che… sì, avevo lavorato, ma ora potevo trovarmi un lavoro in città, imparando un mestiere. Non sapevo nemmeno dove si trovasse Treviso, ma egli mi tranquillizzò dicendomi che mi avrebbe accompagnato.

Siamo quindi andati alla Camera del Lavoro e siccome eravamo al tempo del fascismo, mi chiesero di esibire la tessera del partito. Io risposi che non l’avevo mai avuta. Allora aggiunsero che non potevo ottenere un lavoro. A quel punto anch’io volevo la tessera, ma quelli mi risposero che era evidente che non ero un fascista e quindi non la meritavo e che comunque era chiaro che la desideravo solo per tornaconto. Dissi loro che non ero a conoscenza di queste cose e che era la prima volta che venivo a Treviso: “Sono povero – dissi - ma sarei contento di essere un fascista”. 

Alla fine mi credettero e mi diedero l’indispensabile documento, ma in cuor mio fascista non ero e non lo sono mai stato nemmeno in seguito. Così appena compiuti i quattordici anni iniziai a lavorare.

[…] La divisa militare ce la diedero soltanto cinque giorni dopo, e sei mesi più tardi, ormai ben addestrati, eravamo pronti per il fronte dell’Africa Orientale, ma l’ordine fu improvvisamente revocato. Attendemmo altri sessanta giorni e ne arrivò un altro, per la stessa meta. Il mio capitano però volle trattenermi in caserma fino a Natale, quando apprendemmo che l’Armata Rossa aveva sferrato un massiccio attacco alle truppe italiane, cogliendole di sorpresa e massacrando tanti nostri soldati, compresi alcuni del nostro Reggimento. Occorreva perciò mandare rinforzi al più presto. Rinforzi che comprendevano la nostra Compagnia. Ci trasferirono a Milano per alcuni giorni per addestrarci con le motociclette e poi partimmo per la Russia. 

Il 1° Febbraio 1942 ci fu per noi il battesimo del fuoco. Eravamo in prima linea, con il gelo a -35/-40 gradi. La neve e il vento ci sferzavano il viso, sembrava che tanti aghi ci penetrassero nella pelle. Resistere in simili circostanze era assai impegnativo: solo chi ha provato può capirne la portata. […]

(Queste memorie si trovano nel 4° vol. Famiglie d’altri tempi. Info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

 

Please publish modules in offcanvas position.

Free Joomla! templates by AgeThemes