[…] La famiglia Polon di Povegliano affonda le sue radici nell’Alto Medioevo. Se ne parla, infatti, fin nel primo registro dei battezzati della parrocchia, che risale al 1595. Ancora più antiche testimonianze appaiono in lasciti e contratti di affitto: nel 1572, Marco Polon lascia un campo e un quarto per la “Scola del Rosario”; nel 1598, Andrea Polon fa un contratto con Don Pellegrino Poletto per un affitto di venti campi di proprietà della chiesa e nel 1622 il successivo atto di compravendita; nel 1685, Polon Domenica Visentina “da atti del Signor Paulo Destrezzarioli-Nodaro” lascia dei beni al nipote Anzolo Polon “con l’impegno di celebrare in perpetuo 12 messe all’altare della Vergine”.
Alcune citazioni riguardano personaggi conosciuti con i soprannomi che ne rispecchiano le caratteristiche fisiche: Benedetto Polon di Andrea e di Miniga – 1596 – detto El Sottil; Giacomo Polon di Nicolò e di Agnese – 1599 – detto Polonetto; Antonio Polon – 1605 – detto Marizuola; Andrea Polon – 1737 – detto Ferreton.
[…] Da citazioni d’epoca si arriva a ricostruire il primo importante ceppo nel 1715, con i coniugi Bartolomeo di Santo Polon e Francesca di Andrea, genitori di sette figli che diedero continuità alla famiglia per discendenza maschile. Essi erano: Domenico (1737), Angelo (1742), Santo (1743), che si sposò con Pasqua Baseggio di Tomaso, da Merlengo; Girolamo (1745), Antonio (1750), Andrea (1751).
Nuove generazioni si susseguirono partendo ancora da Santo e poi scendendo con il figlio Domenico Girolamo (1770) che sposò Domenica Marchioro, dai quali nacquero dodici figli che traghettarono la famiglia nel nuovo secolo. Uno di questi era Santo Enrico (1802) che portava il patronimico del nonno; sposò Rosa Trevisan dalla quale ebbe due figli maschi, Domenico (1828) e Pietro Antonio (1826-77), ma mentre il primo rimaneva da sposare, il secondo, sposando Caterina figlia di Santo di Bortolo Gasparetto, diede notevole vigore alla pianta generando otto figli.
I Polon risiedevano in Via Colombere, chiamata anche Via Siberia, per il fatto che un buon tratto di strada, trovandosi in zona assai abitata, e quindi poco soleggiata, d’inverno rimaneva a lungo ghiacciata. Non si sa di preciso dove abitassero prima dell’Ottocento, è tuttavia accertato che risiedevano tutti in Povegliano. L’Agnoletti, nel libro “Treviso e le sue Pievi” riporta che “nel 1523 il pievano riprende un Giandomenico Polon che con i suoi buoi danneggiavagli un prato, questi con un dardo ferì il prete”.
Certo la vita era quella che era, una lotta per la sopravvivenza, ed ogni sforzo era finalizzato a procurarsi il necessario per campare. Così era anche per il ceppo del contadino Pietro Antonio che lavorava la poca di terra di proprietà, più altra a mezzadria e che dopo una vita di stenti e di duro lavoro, morì a soli cinquantuno anni nel 1877.
[…] Il ceppo di Antonio Gaspare è composto dalla moglie Angela Pian detta Eta, dai figli Pietro (1886-1929), poliomielitico ad un braccio e ad una gamba, Ferdinando (1890-1920), Stella (1894-1958) e Giovanni Giuseppe (1896) che tutti chiamano con il solo secondo nome, che ricorda il fratello della mamma morto giovane. Dopo questo evento le famiglie Polon diventano due, ma la nuova residenza della famiglia di Antonio è proprio misera: cucina, stalla, porticato, solaio e una cameretta. Non c’è alcun mobile e le porte sono assai sgangherate, gli scuri mancano di finestre e lasciano entrare spifferi a volontà. Per migliorare questa difficile situazione, Ferdinando e Giovanni vanno a lavorare stagionalmente in Germania, a Düsseldorf, Stella va a servizio e Pietro aiuta suo padre in casa. In Renania-Westfalia, Ferdinando, che è un giovane prestante e di un certo fascino, incanta le bionde teutoniche provocando la reazione dei giovani tedeschi che una sera vogliono dargli una lezione. Egli reagisce e menando come una clava una sedia infrange tutto ciò che gli capita a tiro, poi scappa da una finestra facendo perdere le sue tracce. I due fratelli rientrano a Povegliano e non mettono più piede in Germania.
A casa c’è sempre molto da fare, così, avvicinandosi l’autunno Antonio e i figli vanno sulle colline di Susegana a raccogliere foglie secche per fare il letto alle mucche nei mesi invernali. Un giorno si avvicina il Conte di Collalto, il quale, sposato ma senza figli, propone ad Antonio l’adozione di Ferdinando in cambio di alcuni benefici, ma l’uomo, povero sì ma onesto e di sani principi, gli risponde senza mezzi termini di tenersi pure i suoi soldi che lui si tiene il figlio.
[…] Giovanni Giuseppe – conosciuto come Giuseppe – dopo la scuola dell’obbligo (terza elementare) ha la fortuna di andare a lezione dal parroco di Santandrà, don Giulio Ceccato, conseguendo la licenza di quinta elementare. È un ragazzo sveglio e intelligente che vorrebbe continuare gli studi, ma le magre finanze della famiglia non lo permettono. Lavora così, con il nonno, la terra del brolo e da lì un giorno, sente avvicinarsi dalla strada il rombo di un motore e si vede sollevarsi un polverone. Molla gli zoccoli sul campo, e così fanno tanti altri dai poderi vicini, e corre a perdifiato fin sulla bianca strada per poter ammirare il passaggio di “una carossa sensa cavai”. È la modernità che avanza.
[…] Nel 1915, all’entrata in guerra dell’Italia, Giuseppe è chiamato alle armi nel 44° Reggimento Artiglieria di Campagna e spedito in prima linea al fronte orientale. E lì si trova quando il 18 agosto 1917 inizia l’ennesima battaglia dell’Isonzo per la conquista del Monte Santo e del San Gabriele, con una parte dell’altopiano della Bainsizza. […] La ritirata da Caporetto prosegue tra una fiumana disordinata di militari e di civili che vanno profughi senza meta. Durante una sosta lo ferma una vecchietta la quale vede in lui il figlio che da tempo non dà sue notizie. Insiste per nasconderlo e tenerselo in casa, ma egli non può rimanere perché il senso del dovere è più forte, ed inoltre ha un infelice precedente alle spalle. Si salutano, si abbracciano, un abbraccio come tra mamma e figlio, poi rientra nella mischia che si allontana irrequieta. […]
(La lunga storia di questa famiglia si può leggere nel 4° vol. Famiglie d’altri tempi. Info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)