La famiglia Breda
Un’avventura lunga un secolo
La narrazione epica di questa famiglia s’incrocia con la storia recente, quella che vide la conquista della Libia nella guerra Italo-Turca del 1911, con avvio della colonizzazione della Tripolitania e della Cirenaica, che ebbe il suo culmine sotto l’impulso di Mussolini e il suo drammatico epilogo nel 1970 con il colpo di stato di Gheddafi.
All’inizio della Seconda Guerra Mondiale gli italiani in Libia erano circa 120.000, ma la guerra li costrinse a lasciare in massa le loro proprietà riducendoli notevolmente di numero, cosicché nel 1962 erano circa 35.000. Sarà poi l’ascesa al potere di Gheddafi a dare il colpo di grazia, cacciando i coloni italiani, costretti a lasciare tutti i loro beni e rifugiarsi in Italia. Tra queste famiglie c’era anche la famiglia Breda di questo racconto, che però riuscì a sottrarsi alle spiacevoli conseguenze del drammatico evento, potendo ritornare in patria senza gravi danni. […] La famiglia Breda descritta in queste pagine esce dalla mente di Luisa Pastrello vedova di Lino Breda. È un frullato di ricordi da mettere in ordine, così tanti che le sembra che non ci stiano più nella testa, ma appena inizia a raccontare, mentre mi prepara un caffè, ritornano come le rondini a primavera.
I Breda sono originari di Fontanelle (Treviso) là dove, con il capofamiglia Giuseppe (1892-1977), lavoravano a mezzadria le terre di un facoltoso casato, spostandosi in seguito in Friuli a servizio di un altro signorotto.
Da Giuseppe e la sua sposa Regina Piccinin, tra il 1921 e il 1938 nacquero otto figli, cinque femmine e quattro maschi, sette dei quali riuscirono a sviluppare una propria famiglia. La primogenita era Ginetta (1921-32) strappata alla vita appena dodicenne dalla difterite, una delle tante malattie infettive ereditate dalla Grande Guerra. Il secondo era Bruno (1923-92) che sposò Lina Rado, seguito due anni dopo da Anna Maria (1925-2018), moglie di Antonio Busanello di
Motta di Livenza. Nel 1927 venne alla luce Maddalena (m. 1985), che sposò Ezio D’Andrea, un romano della Ciociaria, e l’anno dopo nacque Rino (1928-2004), che dopo aver sposato la friulana Teresa Morandini partì con lei per colonizzare la Libia. Sesta venne al mondo Luigina (1930-2016) che innamoratasi di Oddone Rossi, lo seguì in quel di Ferrara. Lino fu l’ultimo a nascere a Porcia, nel 1933, morì a Castagnole nel 2011. Era il marito di Luisa Pastrello, nata a Padova nel 1945, mamma di tre figli: Franco, Lucia e Daniela.
[…] Passata la festa e ottenuto il passaporto per la sposa, i due partono per la Libia. Per Lino è il ritorno a casa, per Luisa è il viaggio di nozze con destinazione Breveglieri, dove Giuseppe e Regina hanno preparato una stanza tutta per loro. […] Nel grande podere strappato al deserto si coltivava ogni bendidio: mandorli, ulivi, agrumi, vigneti, cereali, verdure orticole, ecc., con lavoratori residenti molto gentili, simpatici ed accoglienti. Molti italiani venivano a rifornirsi di prodotti, compreso vino e grappa di produzione locale. In quella società multietnica e multiculturale si faceva festa tre giorni alla settimana: il venerdì per gli arabi, il sabato per gli ebrei, la domenica per i cattolici, e tutti compartecipavano in un’idilliaca convivenza.
Nel giugno 1967 ci fu la «Guerra dei sei giorni» tra arabi e israeliani e ciò fece emergere qualche avversione nei confronti dell’Occidente pure tra quelli che lavoravano per i Breda. Uno di loro, una testa calda, rivolgendosi a Lino esclamò: «Ora pensiamo agli Ebrei, poi toccherà agli Italiani». Il padre di Lino gli diede subito il benservito e lo allontanò. La guerra però non finì come aveva auspicato quel tizio, bensì con la totale disfatta della coalizione militare araba. Quella sconfitta pesò su tutto il mondo arabo, anche su quello libico, facendo crescere l’ostilità verso i Paesi occidentali visti come sostenitori di Israele. Da allora il vento cambiò anche nei territori delle colonie italiane. Con l’ascesa del giovane Muammar Gheddafi, il 1° settembre 1969, iniziano a diffondersi voci avverse nei confronti degli italiani e di conseguenza alcuni scelgono di ritornare in patria. Man mano che passano i giorni la situazione si fa sempre più pesante e si vocifera che ben presto gli invasori saranno espropriati e cacciati. Giuseppe allora si rivolge al console italiano a Tripoli chiedendo ragguagli: Il consiglio che ne ottiene è di liberarsi al più presto di tutto e tornarsene in Italia. Giuseppe, sebbene a malincuore, lo prende in parola e riesce a vendere i suoi beni a un prezzo equo. Siamo nel maggio 1970, la risoluzione si rivelerà azzeccata, appena in tempo, perché il 7 ottobre ventimila italiani vengono di punto in bianco costretti a lasciare tutti i loro averi, comprese le fiorenti attività economiche, e allontanati senza alcun preavviso né corrispettivo. […]
(la storia completa si trova nel 5° vol. Famiglie dl’altri tempi – Nato all’aurora, 2023, reperibile online)